Stieglitz e Pieth: Le regole della finanza dopo i Panama Papers

Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e il professore di diritto penale basilese Mark Pieth tirano le conclusioni dei Panama Papers

29 novembre 2016

(Dominik Gross) "In un mondo globalizzato, se ci rimane anche solo un portafoglio segreto, è là che verranno nascosti i soldi", scrivono l’economista americano Joseph Stiglitz e il professore basilese di diritto penale Mark Pieth in Overcoming the Shadow Economy, il rapporto sull’industria off-shore pubblicato a metà novembre. In reazione allo scandalo dei Panama Papers, Stiglitz e Pieth propongono un sistema d’informazione globale per un’economia finanziaria trasparente, che possa prosciugare tutti i paradisi fiscali del mondo, senza eccezione - sia per gli individui facoltosi che per le imprese che evadono il fisco.

Porre fine all'evasione fiscale
Il loro rapporto contiene tutte le raccomandazioni principali del movimento per una giustizia fiscale globale degli ultimi quindici anni, che mira a porre fine all’evasione fiscale, al riciclaggio di denaro sporco e alla corruzione nel mondo. Per lottare contro la disuguaglianza sociale, in aumento nella maggior parte dei paesi e fra le regioni del mondo, i due prestigiosi esperti finanziari reputano inevitabile uno scambio d’informazioni completo dei dati dei clienti delle banche, su scala mondiale. Un registro pubblico dei proprietari delle imprese “bucalettere o fantasma” („Beneficial Ownership Registers“), o un rapporto paese per paese delle multinazionali che sia accessibile al pubblico e dove le società schermo siano obbligate ad iscrivere le loro attività nei paesi dove sono presenti. Queste misure proposte fanno parte anch’esse del rimedio prescritto da Stiglitz e Pieth per il sistema finanziario globale. La trasparenza globale deve porre fine all’evasione fiscale.

L’evasione fiscale delle multinazionali costa, ai paesi in via di sviluppo, più di 200 miliardi di dollari all’anno.

Stando al Fondo monetario internazionale (FMI), l’evasione fiscale delle multinazionali costa, da sola, ai paesi in via di sviluppo, più di 200 miliardi USD all’anno di ricette fiscali. Sono soprattutto le fasce deboli della popolazione che ne patiscono: esse si appoggiano sui servizi pubblici nell’educazione e nella salute, e lo Stato spesso non può finanziarli per mancanza di entrate fiscali. Inoltre i trasferimenti dei benefici delle multinazionali spingono spesso le loro filiali nei paesi in via di sviluppo a fare dumping salariale sulle spalle dei lavoratori. Già da tempo, l’economia globale sommersa è organizzata in reti transnazionali di clienti, intermediari finanziari e imprese offshore come Mossack Fonseca (rivelata dai Panama Papers). Essa ignora le frontiere nazionali o continentali, per cui una trasparenza fiscale vincolante, senza eccezioni, è ancora più importante. Avrebbe qualche chance di essere realizzata globalmente e di contribuire così a relazioni economiche più eque fra le regioni del mondo solo nell’ambito di un’istanza dell’ONU per la politica fiscale.

Fari puntati sulla piazza elvetica
Alliance Sud accoglie favorevolmente le proposte dei professori Stiglitz e Pieth e insiste sulla responsabilità particolare della Svizzera nella loro attuazione: secondo stime del think tank Global Financial Integrity, basato a Washington, sui 1'000 miliardi USD che spariscono ogni anno nel borsellino segreto dell’industria offshore, 30% arrivano ancora in Svizzera, nonostante la “strategia del denaro pulito”. La piazza finanziaria elvetica, che gestisce più di 3'000 miliardi di soldi stranieri, continua ad essere il principale porto offshore del mondo e uno dei territori dalla fiscalità a bassa imposizione preferito dalle multinazionali. Se si vuole fare luce sull’economia sommersa è da qui che bisogna iniziare. (Alliance Sud)

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